Donato Del Piano - << Organaro >>, monaco, costruttore dell'organo della chiesa di San Nicolò l'Arena, detta dei Benedettini ( Grumo Nevano [ Napoli ] 1704 - Catania 1785 ).
All'inizio del '700 i monaci benedettini superstiti del terremoto del 1693 stavano facendo ricostruire il convento e la chiesa, crollati nella tremenda sciagura.
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Donato Del Piano. |
La ricostruzione del possente edificio ( la chiesa è la più grande dell'intera Sicilia ) fu iniziata dall'architetto Francesco Battaglia. Il costruttore d'organi Del Piano era arrivato in Sicilia intorno al 1730 e, col fratello Giuseppe, aveva costruito strumenti in alcune chiese della Val di Noto ( a Ferla, Sortino, Modica, Siracusa e forse anche la stessa Noto, Augusta e Piazza Armerina ).
La sua fama era arrivata anche a Catania, dove l'abate di San Nicolò, padre Anselmo Valdibella, lo convocò.
Del Piano si impegnò a fabbricare l'organo più grande d'Italia, << ad proportionem Templi >>, e fu stipulata la prima convenzione, 6 Maggio 1755. Era umile e parco: si accontentò di una stanza in cui abitare nello stesso monastero per tutto il tempo della costruzione, che si prevedeva non breve, degli stessi alimenti che si davano agli altri frati e dei soccorsi in caso di infermità; padre Anselmo volle aggiungere a queste poche cose un vitalizio di 24 onze all'anno e l'impegno ad attribuirgli le stesse regalie che ai religiosi si davano nelle feste.
Per un triennio i lavori procedettero rapidi; poi, per altri cinque ( 1758 - 1763 ), furono interrotti a causa di una delle ricorrenti carestie di quel secolo ( un'altra, famosissima, sarebbe stata quella del 1797 ), cantata dal Tempio nel suo poema intitolato appunto La caristia.
Il 17 gennaio 1763, nuova convenzione: rimborso delle spese sostenute dall'<<organaro>>, un'erogazione una tantum di 500 onze e un altro vitalizio di 36 onze annue. Finalmente il mirabile organum fu pronto: aveva 76 registri, 5 ordini di tastiere e 2916 canne. << Ai suoi piedi - scriveva Francesco Fichera - sta il bel coro intagliato da Nicolò Bagnasco, ed in cima una corona dorata tra prodigi di archi e di timpani arriva stentatamente a posare le imposte sui lembi del cornicione >>.
Era costato più di diecimila scudi e dodici anni ( sia pure non pieni ) di lavoro.
Fu inaugurato il giorno della festa del Santo Chiodo, il 17 settembre 1767, celebrata con grande sfarzo.
Al concerto inaugurale presero parte nove artisti chiamati da tutta la Sicilia.
Donato Del Piano si diede, con la ricchezza accumulata, a opere di bene: costruì a proprie spese un forno, nell'ospedale Santa Marta, per fabbricare pane fino ( di quello detto <<francese>> ) per i degenti in quell'ospedale e nel reclusorio delle vergini.
Infine si trasferì in una casetta di fronte al bastione del Tindaro, apprestatagli dai benedettini, e lì morì il 12 giugno del 1787, Goethe, turista in Sicilia, fu condotto a vedere l'opera. L'organista, ora, era don Vincenzo Cordaro, << il solo - precisò Goethe - che aveva il talento di saper padroneggiare l'immenso organo di quella chiesa >>.
Don Cordaro, << intuito...il nostro desiderio >> ( di Goethe ), si mise alla tastiera; e
<< nella chiesa, che è molto vasta >>, l'organo << gemeva , volta a volta, o rimbombava fragoroso, penetrando fin negli angoli più remoti >>.
Di Donato Del Piano, nel 1942 scriveva Rodolfo de Mattei: << Lui, i benedettini s'erano condotto su al monastero perchè desse il tono alle messe cantate: altro che tono, un uomo bastò per tutta un'orchestra.
In capo a una dozzina d'anni, la schiera canora fu allineata: grossa ambasceria presso l'altar maggiore >>. E poi: << All'urto di quella moschetteria musicale, la città, giù risorta di fresco dalle macerie, dovette rimanere stordita >>.
Infine: << Un'orchestra simile avrebbe potuto accompagnare, altro che la processione del tempio, l'inno delle creature al gran raduno del Giudizio >>.
Enc. di Ct Tringale Editore 1987
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