Logo

Tamburelli del Gruppo Folk Aulos


SHIBBOLETH
Canti & cunti


Gruppo Teatro Tempo











































































































































Curiosità Catanesi

Adelaide

Capitale dello stato dell’Australia meridionale, fondata nella prima meta’ dell’800, fu costruita sul modello dell’assetto urbanistico di Catania,del cui centro storico riproduce fedelmente la composizione.
Nel 1836 il colonnello inglese William Light ebbe l’incarico dal suo governo di costruire una cittadina nella fertile pianura tra la catena dei monti Lofty e il mare. L’ufficiale aveva viaggiato molto e per realizzare il compito affidatogli fece ricorso alle esperienze acquisite nelle citta’ visitate in tante parti del mondo.
Tra il 1820 e il 1821 era capitato a Catania : <<La citta’>> -che era stata rasa al suolo dal tremendo terremoto del 1693- contava allora 43.000 abitanti ma aveva ripreso a poco a poco il suo respiro.
Come tutti i viaggiatori che per la prima volta visitavano Catania nell’800, William Light, arrivando in piazza del Duomo e volgendo lo sguardo intorno, dovette rimanere meravigliato dalla magnificenza delle strade – dritte, larghe, lunghissime (per quei tempi)- fiancheggiate da nobili ed eleganti edifici, splendidamente illuminati di notte, degni di rivaleggiare con le piu’ belle citta’ d’Europa.
Enc.di Ct Tringale Editore ed.1987

Statua di Garibaldi

Intorno al 1890 l’Uruguay, Paese nel quale era stato esule e per la cui indipendenza aveva combattuto dal 1837 al 1847, decise di onorare Garibaldi innalzandogli un monumento.
Lo commissiono’ a un artista italiano un certo Ettore Ferrari.
Quando la statua, trasportata via mare, giunse a destinazione, non piacque agli uruguayani i quali la rispedirono al mittente ( in Italia).
Nell’imminenza delle celebrazioni del cinquantenario dell’unita’ d’Italia (1911), la fonderia Bastianelli di Roma,che l’aveva realizzata, e nei cui depositi era rimasta per tanto tempo,diramo’ una circolare a tutti i comuni d’Italia : <<Statua di Garibaldi offresi>>.
Sindaco di Catania era allora Giuseppe Pizzarelli, il quale per compiere un atto di omaggio alla memoria del Ferrari (morto nel 1897), caldeggio’ l’acquisto della statua, che venne comprata dal comitato organizzatore dell’esposizione agricola siciliana, presieduto dall’on. Pasquale Libertini, e offerta al municipio di Catania.
Quanto sia costata non si sa ma e’ noto che venne pagata a basso prezzo perche’ roba in svendita.
Quando la statua giunse a Catania divamparono le polemiche, non soltanto per il pessimo acquisto ma anche per la scelta del luogo dove sistemarla.
Il sindaco indico’ piazza Universita’ ma la proposta venne respinta.
Si ripiego allora su via Etnea al bivio con via Caronda, a tutto danno dell’antica edicola di giornali che sorgeva in quel posto.
Approntato un massiccio basamento di pietra lavica la statua vi fu collocata sopra e <<impacchettata>> con stracci e carta in attesa della cerimonia inaugurale, ma le polemiche e i guai gia’ avuti ,a causa della statua, indussero il comune a temporeggiare per la cerimonia.
Fu cosi’ che durante un violentissimo temporale la pioggia spazzo’ via carta e stracci sbloccando una situazione che il sindaco non aveva avuto il coraggio di affrontare.Enc. di Ct Tringale Editore ed.1987


Peppa a cannunera

Nativa di Barcellona Pozzo di Gotto (Me) 1841-1900; ignota col suo vero nome-Giuseppa Calcagno- fu famosissima col nomignolo popolare di Peppa a cannunera.
A Catania, sua patria d’elezione faceva la postina ai tempi dei Borboni; si guadagno’ il soprannome e la medaglia di bronzo al valor militare con un atto di impavido coraggio; ed ecco come.
Nell’estate del 1860 durante un’insurrezione antiborbonica, Peppa riusci’ a sottrarre un cannone al nemico e issatolo sopra un carro attese la carica avversaria. Al momento opportuno, quando l’avversario era a pochi passi, diede fuoco alle polveri decimando le file dei soldati borbonici che impauriti si diedero ad una fuga disordinata.
Il cannone e’ conservato nel museo civico di Catania
.
Enc. di Ct Tringale Editore ed.1987

Neve

Fino ai primi decenni del secolo scorso quando ancora la refrigerazione dei cibi
era affidata alle ghiacciaie,a Catania era assai diffuso il commercio della neve dell’Etna. Essa veniva accumulata in montagna in cavita’ naturali, adatte allo scopo delle neviere, e trasportata in citta’ e nei paesi limitrofi con carretti coibentati in maniera rudimentale.
Infatti per evitare lo scioglimento i venditori di neve cospargevano il fondo del carro con uno strato di carbonella, ricoperto a sua volta di felci; al di sopra di quest’ultime si disponeva la neve avvolta in un telo di canapa protetto superiormente da uno strato di felci.
Gli speleologi catanesi del CAI hanno individuato diverse grotte che nel passato sono state utilizzate come neviere.
Il commercio e l’uso della neve a Catania furono proibiti, per motivi igienici, dopo la seconda guerra mondiale.


Enc. di Ct Tringale Editore ed.1987


Pracchio (Catania 1708)



Nel 1708, quindici anni dopo il terribile terremoto che aveva raso al suolo Catania, un’epidemia dimezzò l’ancora esigua popolazione catanese.
A quei tempi la città era piccola, angusta e terribilmente sporca.

Il quartiere del Carmine, sorto dopo il 1693 fuori la Porta di Aci, era detto pracchio appunto per la sua sporcizia.
La situazione igienico-sanitaria sfuggiva di mano al Senato.
Non si riusciva a porre un serio freno al dilagante sudiciume che a sua volta era causa di malattie, di epidemie.

Il grave stato di cose indusse allora il Senato a <<fare reformare l’antiche o aumentare le norme che regolavano l’officio del Mastro di Mondezza>>, il quale, a sua volta, dipendeva direttamente da un Patrizio incaricato di controllare la situazione igienica della città.

Il Mastro di mondezza aveva il diritto di <<promulgare bandi o comandamenti secondo le occorrenze>>.
Le norme erano numerose e abbastanza esplicite.
Ai cittadini fra l’altro era proibito di<<gettare sterco e mondezze per le pubbliche strade, ma appoggiarle alle proprie mura al fine di poterle trasportare fra il giro di giorni 15 nella nuova strada del Fortino; o pure nel fosso grande vicino al bastione antico di S. Barbara vicino la casa dé Teatini o altrove>>.

Poi le regole di igiene e di polizia urbana divennero più drastiche e si estesero in altri settori: fu vietato, <<per l’incomodo e detrimento che apportano al pubblico della comune salute, la "retina" delle mule per le vie della città, nonché il vagare di porci, oppure far bagnare gli animali -cavalli o muli- in riva al mare>>.

Il Patrizio, in sostanza, doveva vigilare affinché le bestie da carico non girassero per la città, ma si limitassero a percorrere le strade più corte per attraversarla.
 A cavalli e muli era, infatti, vietato<<passare di giorno per il Corso S. Filippo, piano di S. Agata, Quattro Cantonere>>,ed era .fatto obbligo di <<andar correndo per la città>>.
Un mestiere difficile quello della bestia, nel Settecento.
Enc. di Catania Tringale Editore 1987
 

L'elefante Menelik

Nel 1890, dopo il trattato di Uccialli, il negus Menelik II, in segno di amicizia, inviò in dono al re d'Italia Umberto I un piccolo elefante.
Il sovrano, a sua volta, regalò il pachiderma alla città di Catania, perchè nel suo stemma ha appunto un elefante.

La notizia della decisione reale venne accolta con entusiasmo dai catanesi, pochissimi dei quali avevano mai visto un elefante, ma con minor giubilo dalle autorità comunali, alle quali il dono del re pose subito dei gravi problemi: dove sistemare il bestione?

Fu allestito alla meglio un recinto in uno spiazzo del giardino Bellini in attesa di costruire un gabbione. L'elefante, subito battezzato dalla popolazione con il nome di Menelik, giunse in treno a Catania nella prima metà di giugno. Sfilò, seguito dalla folla, per le vie della città fino al giardino Bellini dove fu per pochi mesi motivo di curiosità.

Morì prima dello scadere dell'anno perchè- si scoprì poi- la sua cella era umida e buia, e perchè lo cibavano di erbe malsane. Fu imbalsamato e sistemato nel salone dell'istituto di Zoologia dell'università, in via Androne, dove ancora oggi si trova.
Enc. di Catania Tringale Editore 1987


Autobus Rosa

Vicenda che nell'autunno del 1960 suscitò ilarità in tutto il mondo e alla quale i quotidiani e i rotocalchi italiani e stranieri diedero ampio risalto.Tutte le mattine, operai e operaie impiegati nella zona industriale partivano da piazza Duomo con gli autobus della linea 27 verso il posto di lavoro.
Senonchè, durante il viaggio, circa un'ora, pigiate come sardine,<< giovani coppie affondate nella calca tubavano guardandosi negli occhi, ripetendosi sottovoce parole d'amore e scambiandosi furtive carezze che non sempre sfuggivano agli occhi indiscreti degli altri passeggeri e dello stesso bigliettaio.>>
Ma fra le coppie, s'infiltravano alcuni <<pappagalli>>, pronti ad approfittare della ressa, suscitando la vivace reazione delle ragazze: e la presenza dei disturbatori, più che degli innamorati, divenne presto uno spinoso problema che la SCAT ( l'azienda che gestiva i trasprti urbani) pensò bene di risolvere separando uomini e donne, un autobus a sesso.
La notizia fece il giro del mondo. Un settimanale italiano sotto il titolo << Per sole donne >> scrisse che << la decisione è stata adottata in seguito alle proteste di alcune operaie che, nel corso del tragitto, sono state infastidite da passeggeri particolarmente importuni >> e che << uno di questi pappagalli provocò un putiferio con relativa gragnuola di colpi di borsetta >>.
Per cui ( aggiungeva il rotocalco ) << ogni mattina alla partenza da piazza Duomo provvede allo smistamento addirittura la polizia che accompagna le viaggiatrici fino al posto di lavoro per impedire che lungo le fermate del percorso qualcuno dei pappagalli riesca ad insinuarsi futivamente a bordo dell'autobus proibito >>.
Anche all'estero la notizia fece scalpore. Un giornale argentino la pubblicò con il titolo << Sicilianos fogosos >>.
Altri giornali stranieri si occuparono dell'<<autobus rosa>>: il quotidiano statunitense The Washington post, la rivista tedesca Der Stern, un giornale francese, che pose questo titolo alla notizia << Les catanais son trop entreprenants >>.Ma chi aveva avuto quell'idea stramba?
<< Il direttore dell'azienda disse che non era stato lui; la questura spedì una lettera ai giornali e si tirò fuori anch'essa. Il fatto diventa ancor più curioso per questo scarico di responsabilità ( le responsabilità di aver fatto sorridere il mondo alle spalle di una Catania così bigotta e puritana).Dopo qualche mese infine, la segrecazione finì, e l'autobus della linea 27 riaccolse, in festosa comunità uomini non più fogosos e ragazze che non furono più solas >>
Enc. di Ct Tringale Editore 1987


Highslide JS
Autobus Rosa